Canile pubblico e rischio esondazione, lo studio Vitinia
Di Stefano Luigi Argiolas, Medico veterinario.
L’articolo rappresenta la sintesi di uno studio effettuato oltre 5 anni addietro (2013) che riguarda il canile rifugio pubblico di Vitinia. Lo scopo era quello di confermare o meno l’opportunità amministrativa di sostenere o meno il gestore. L’analisi è servita come elemento per motivare l’impossibilità di impegnare ulteriori risorse pubbliche da parte di Roma Capitale. La sintesi non riporta il “piano di evacuazione degli animali” (reperibile sul sito www.cervene.it) che pianificato in precedenza (“in tempo di pace”) era già stato utilizzato (“in tempo di guerra”), per l’evacuazione “speditiva” di 60 cani di un canile privato, “Code felici”, interessato da un evento alluvionale puntiforme che aveva provocato il decesso per annegamento di 4 cani (evacuazione effettuata in circa 5 ore per trasferimento di tutti i cani presso altra struttura privata convenzionata con Roma Capitale). Il canile di Vitinia successivamente è stato sgomberato e definitivamente chiuso con l’intervento della forza pubblica.
Ubicazione
Il canile di Vitinia si trovava all’esterno del grande Raccordo Anulare (GRA), ricadente all’interno della classificazione di rischio definita dall’Autorità di Bacino del fiume Tevere come area AA (area golenale), ed era posizionato sull’argine destro idraulico del fiume, argine che nel caso dell’evento atteso (potenzialmente annuale), avrebbe sopportato la maggiore pressione idrica con elevato flusso laminare ad azione erosiva. La zona “a monte” a quota inferiore, era stata difesa da importanti opere di ingegneria idraulica.
Lo scenario di rischio considerato
Lo scenario di rischio ha preso in considerazione il caso di maggior gravità possibile ed è stato necessario effettuare l’analisi del Rischio Idraulico e l’elaborazione dei “Lineamenti del Piano di Emergenza”. Pertanto, si è fatto riferimento ad un evento di piena con un tempo di ritorno atteso annuale, con una portata stimata potenzialmente superiore ai 3.300 mc/sec, così come già riscontrati il 2 Dicembre 1900 e con livelli di precipitazioni “preparatorie” e “determinanti” ai massimi valori considerabili. Tali condizioni, se verificatesi, avrebbero avuto serie conseguenze su tutta l’area. Localmente la situazione si sarebbe potuta aggravare dalla presenza del depuratore di zona, localizzato “a monte” a poche centinaia di metri e sulla stessa sponda idraulica, e dalla presenza di un collettore di scarico delle acque piovane. Bisogna inoltre considerare e valutare “l’impatto” provocato dalla presenza di animali (nutrie) che abituati a scavare canali negli argini, indeboliscono gli stessi ed imbibendoli di acqua, diminuiscono la loro capacità di resistenza alle sollecitazioni; cosa probabilmente già accaduta, almeno come concausa nella rottura degli argini del fiume Serchio (Dicembre 2009).
Gli elementi vulnerabili
La capacità massima autorizzata di accoglienza della struttura era di 200 cani. Sulla base della raccolta dei dati oggettivi e dell’analisi storica, si è potuto affermare che l’intero canile era a rischio idraulico. Dai sopralluoghi effettuati, le aree a “rischio prioritario ordinario” interne al canile individuate come maggiormente vulnerabili erano: le intere file di tutti i box “esterni fronte fiume” Tevere, in cui sono stati registrati piccoli progressivi cedimenti del terreno e la prima parte della fila di box a “monte” del canile il cui il rischio risultava essere, se possibile, ancora maggiore a causa della presenza del grosso collettore di scarico delle acque piovane asservito anche alla sede stradale. Tale realtà “puntiforme” si sarebbe potuta aggravare nel periodo dell’anno fra i mesi di ottobre e novembre, durante il quale il territorio capitolino risulta invaso dal fogliame delle alberature che ostacola la regolare opera di smaltimento delle acque attraverso il sistema fognario. La condizione se realizzata, avrebbe potuto produrre delle vere e proprie “water bomb” analoghe a quella avvenuta nel Dicembre del 2008 nel quadrante Nord di Roma nel canile “code felici”, che pur “incidendo” su di un’area considerata con R 0, dovette essere evacuato “speditivamente” in un pomeriggio.
Pericolo per risorse mane
Per quanto concerne invece la presenza di persone è stato necessario valutare la forza lavoro standard dell’associazione animalista a cui era affidata la gestione della struttura. Tale associazione impiegava una forza lavoro complessiva abituale di 12 unità, organizzata in 1 turno di servizio per un’attività continuativa che va dalle ore 7,30 alle 15,10 per 7 giorni alla settimana.
Esito
In tale quadro, l’assenza di una motivazione plausibile inerente la reale necessità di investire cifre ingenti su di una struttura collocata in area a rischio per lavoratori, volontari e cittadini, ha reso non immaginabile la formalizzazione di alcuna ipotesi di riqualificazione organizzativa.
In allegato potete qui scaricare il file degli Appunti dettagliati sull’intervento
Scaricalo